Porta Susa, 4 aprile, ore 8 del mattino. Veniamo allertati dalla Centrale del 118 per un incidente occorso nella stazione di Porta Susa a Torino. Una ragazza giovanissima, facente parte di un gruppo di altri studenti del liceo musicale di Vercelli, nel quale si recano ogni giorno, viene travolta e uccisa dal treno regionale in arrivo.
Gruppi di ragazzi, in un giorno qualsiasi, tutti uniti da quel viaggio, dalle chiacchiere sulla loro vita, sulle lezioni, sulla loro comune passione, la musica. Genitori che hanno appena dato il bacio di saluto ai loro figli, qualcuno li ha accompagnati al binario. Insegnanti anche loro pendolari, con una storia già intrecciata con quei ragazzi. Altri, saliti a Porta Nuova, salutano dal finestrino. E’ un attimo e una giovane vita scompare sotto i loro occhi.
Accorse, che cosa abbiamo fatto? Ci siamo strette attorno ai genitori della ragazzina, increduli, sgomenti. Siamo state vicine ai ragazzi mentre rilasciavano la loro deposizione alla Polfer. Abbiamo scambiato sguardi, solleciti, collaborativi, con la Polizia, a loro volta padri e madri di famiglia. Abbiamo parlato con le insegnanti. Abbiamo fatto un piano di sostegno allargato, che potesse accompagnare tutti i protagonisti di questa tragedia nel percorso dei loro dolori. Perchè i dolori sono singoli, personali, ma anche collettivi.