Il 20 gennaio 2018 la Turchia ha lanciato una sanguinosa campagna militare contro Afrin, enclave pacifica e democratica nel nord della Siria.
L’invasione ha scioccato il mondo, nonostante il silenzio assordante e la complicità dei governi occidentali. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha utilizzato ogni mezzo per piegare il popolo resistente di Afrin, incluso l’appoggio di milizie e gruppi jihadisti, noti in Siria e nel mondo per i documentati episodi di crimini di guerra che li hanno visti coinvolti.
L’invasione turca aveva un duplice obiettivo: annientare le YPG (le Unità di protezione del popolo), che hanno ottenuto le più importanti vittorie militari contro l’Isis, e allo stesso tempo distruggere la società multiculturale e inclusiva di Afrin, che aveva apertamente accolto i rifugiati provenienti dal resto della Siria durante gli ultimi 7 anni di guerra.
L’aggressione ad Afrin non solo mette a rischio lo sforzo di porre fine al terrorismo dell’Isis, ma pone in grave pericolo il modello di democrazia radicale, ecologico e femminista che sta venendo implementato nella regione del Rojava nel Nord della Siria.
L’invasione ha prodotto oltre 350 mila persone sfollate. Donne e uomini in fuga dall’imminente arrivo delle truppe turche e dei loro alleati jihadisti che hanno diffuso dichiarazioni video dove invitano a compire torture, decapitazioni e stupri contro gli abitanti di Afrin, prevalentemente curdi, yazidi e cristiani.
Inoltre, più di 150 mila profughi di guerra che avevano trovato rifugio ad Afrin nel campo di Rubar, allestito per gli sfollati, sono stati costretti nuovamente alla fuga.
Le truppe turche e i loro alleati jihadisti – molti dei quali affini ad al-Qaeda: Jaish al-Nasr, la brigata Sultan Murad, Nour al-Din al-Zenki, Faylaq al-Sham, Jabhat al-Shamiya, Ahrar al-Sham – dopo il loro ingresso ad Afrin il 18 di marzo si sono impegnati a saccheggiare e distruggere la città in modo sistematico ed indiscriminato. I primi rapporti segnalano numerosi rapimenti e violenze sessuali ai danni di donne e giovani ragazze.
Altri resoconti parlano della conversione forzata all’Islam a cui sono costretti gli yazidi.
Ulteriori informazioni hanno rivelato come gli jihadisti, che hanno avuto un ruolo di primo piano nell’invasione, stiano trasferendo le loro famiglie, provenienti in particolare dalla regione di Idlib, nelle case degli sfollati di Afrin.
Il disastro umanitario causato dall’invasione turca è di proporzioni enormi.
Le conseguenze più gravi riguardano le centinaia di migliaia di civili, molti dei quali donne e bambini, che vivono un’emergenza umanitaria e una condizione di costante pericolo e totale insicurezza. Centinaia di migliaia di persone non hanno più accesso all’ acqua. Non hanno cibo, riparo e medicine. Molte ONG si rifiutano di entrare nella regione a causa di problemi di sicurezza.
Molte persone sono riuscite a fuggire e mettersi in salvo nei cantoni di Kobane e Jazira, ma questo non è sufficiente.
Il silenzio politico e mediatico su Afrin da parte della comunità internazionale, il rafforzarsi dell’Isis e dei gruppi jihadisti, appoggiati e sostenuti dalla Turchia nella guerra contro le Ypg, le crisi politiche e umanitarie, rendono la situazione particolarmente grave ed instabile.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere in silenzio.
Crediamo che la solidarietà sia uno strumento fondamentale, una solidarietà attiva nei confronti di chi oggi non ha voce e ne ha un enorme bisogno.
Crediamo che attraverso la solidarietà attiva possiamo aiutare non solo a rompere il silenzio su quello che succede ad Afrin, ma anche per sensibilizzare e risvegliare le coscienze sulla gravità della minaccia rappresentata dal tentativo del regime turco di distruggere la rivoluzione democratica in Rojava.
Pensiamo che insieme possiamo rompere il silenzio complice dei nostri governi.
Crediamo che insieme possiamo essere la voce della solidarietà e dell’amore verso i popoli di Afrin e del Rojava che hanno combattuto il terrorismo dell’Isis con immenso coraggio e determinazione, per assicurarci la pace.
Vi chiediamo di unirvi a noi in una campagna di raccolta fondi, di respiro globale, per le donne e gli uomini di Afrin. La campagna avrà la durata di un mese e verrà lanciata il 25 aprile.
Contro le ingiustizie imposte agli oppressi, a chi non ha voce e agli emarginati dobbiamo resistere e lottare con la consapevolezza che la nostra solidarietà, umana e politica, può e deve fare la sua parte nella lotta contro il fascismo turco e jihadista e a sostegno della rivoluzione confederale e democratica.
Sorgente: Si Amo Afrin – Home