Tragedia alla Thyssen Krupp. Il debriefing ai soccorritori. Un articolo di Maria Teresa Fenoglio


Maria Teresa Fenoglio e Beppe Melchiorre Debriefing ai soccorritori della Thyssen-Krupp

Maria Teresa Fenoglio e Beppe Melchiorre Debriefing ai soccorritori della Thyssen-Krupp

Da “Left”, Ilaria Giupponi, 6 dicembre 2016

6 dicembre. E’ notte, a Torino. Ma nello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, si lavora. Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino, muoiono così, lavorando. Investiti da olio bollente. Sembra una morte antica, magari immaginabile durante l’assalto di mura di cinta, invece no, è modernissima. E’ il 2007, si produce alla Thyssen-Krupp, e lo si fa per un fatturato di 40 miliardi di euro l’anno. Si lavora da 12 ore initerrottamente. L’impianto si ferma solo per problemi alla produzione, altrimenti si interviene in movimento. E sulla linea 5, uscirà nel processo,gli incidenti erano frequenti, ma gli operai venivano invitati a usare il pulsante d’allarme il meno possibile.

 

All’una e un quarto arrivano le ambulanze, gli uomini vengono portati in ospedale, ma non c’è  niente da fare: moriranno tutti prima del giorno. Tranne uno, Antonio Bocuzzi. E’ un operaio sindacalista, e lavora alle acciaierie da 13 anni. E denuncia. Denuncia, assieme agli altri lavoratori accorsi in soccorso quella notte, una situazione che di moderno, non ha niente – o forse tutto: estintori scarichi, telefoni isolati, idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato. Niente investimenti in sicurezza e formazione.