Psicologo dell’Emergenza, una professione votata a portare aiuto nelle calamità


Psicologi per i Popoli – Torino, attiva nell’Emergenza e costantemente pronta al servizio per la comunità

Flashback, irritabilità, scoppi di collera, ipervigilanza, reattività eccessiva, ricorrenza di pensieri e percezioni legati all’evento, alterazioni negative di emozioni, disturbi del sonno, incubi, sono alcuni determinanti della varietà sintomatologica di un quadro clinico che si trova a dover far fronte chi ha subito un evento traumatico. Da più parti risuonano termini come trauma, resilienza, disturbo post-traumatico da stress, ponendo in rilievo la necessità di collocare nella dovuta prospettiva il contesto della Psicologia dell’Emergenza.

Il CNOP ci rammenta, in una sua pubblicazione, che la Psicologia dell’Emergenza è un “ampio insieme” in cui si integrano “contributi diversi della psicologia (Psicologia clinica, Psicologia sociale, Psicologia della comunicazione, Psicologia ambientale, Psicologia dello sviluppo, Psicologia di comunità e della salute …  finalizzato a comprendere i processi psicologici (psicofisiologici, cognitivi, emotivi, relazionali e comportamentali) attivati da condizioni fuori dall’ordinario contesto di vita, nonché i loro esiti – immediati e nel lungo termine – che incidono sulle capacità di adattamento e sul benessere delle persone e delle loro comunità di appartenenza”.

La recente tragedia della caduta del ponte Morandi a Genova, con il suo devastante epilogo di 43 morti, ha fatto sobbalzare in prima linea la necessità di dare immediato soccorso ad una popolazione che si è riversata, con centinaia di persone, nei pronto soccorso ospedalieri della città. Il frastuono, causato dal crollo e la corsa atterrita di tutte le persone, che abitavano nelle case intorno al viadotto Polcevera, ha generato un clima di terrore talmente traumatizzante da richiedere l’intervento di personale sanitario specializzato nel trattamento dei traumi. 

Uno shock che spesso, nella fase acuta post-trauma,  provoca distacco tra il mondo interno e quello esterno, o che attiva un disattivazione temporanea di alcuni canali di comunicazione con il mondo esterno. «Abbiamo fornito assistenza ai feriti che, oltre a essere scioccati, avevano anche timori per la loro salute», ricorda Lisa Cacia, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Liguria, durante una recente tavola rotonda dedicata alla Psicologia dell’Emergenza. «Abbiamo assistito i familiari delle persone che hanno perso la vita, nel dolorosissimo momento del riconoscimento dei loro cari all’obitorio. E poi persone che erano sul ponte durante il crollo e che si sono salvati per poco, vedendo precipitare nel vuoto tutto quanto li precedeva. Lo shock di coloro che si trovavano o abitavano sotto il ponte, e che, oltre ad essere spettatori inermi del crollo di una struttura tanto enorme, sono stato forzatamente costretti ad abbandonare immediatamente le proprie abitazioni, senza avere la possibilità di potervi rientrare».

Anche il CNOP, infatti, ci specifica ancora che “la Psicologia dell’emergenza si occupa sia delle persone direttamente coinvolte negli eventi critici (vittime primarie) sia dei loro familiari e amici e delle persone che sono state testimoni dello stesso evento (vittime secondarie) sia dei soccorritori (vittime terziarie) e della comunità ove gli eventi critici si sono verificati. Si occupa altresì di previsione e prevenzione dei rischi e di programmazione e gestione dei soccorsi”.

E’ arcinoto quanto il nostro sia un paese ad elevato rischio idrogeologico e sismico. Ogni anno in Italia eventi, riconducibili all’imprevedibilità della natura o all’incuria umana, causano vittime su vittime, danni materiali enormi e sofferenze esistenziali difficilmente sanabili.

Decenni di prevenzione dimenticata nella cura del territorio, di spietata cementificazione, di miope  speculazione edilizia, in un contesto dove i mutamenti climatici stanno causando livelli di devastazione sempre più imprevedibili, non fanno che farci registrare un conto, dolorosissimo per numero di morti (20.000 nell’ultimo quarantennio) e salatissimo per valore economico dei danni.

Ma, in Italia, solo nel 1992 gli Psicologi sono stati coinvolti, per la prima volta, per rispondere alla richiesta di aiuto pervenuto alla nostra categoria, in seguito agli eventi bellici nella ex-Jugoslavia, nel contesto dell’intervento della Missione Arcobaleno. Nel 1997, si è portato aiuto psicologico ai profughi kosovari. Sempre nel 1997, gli Psicologi si prodigano per portare aiuto ai terremotati dell’Umbria e delle Marche. E, ancora, nel 2002, nell’area di San Giuliano.

Occorre attendere il 2006 affinché la Direttiva Prodi “Criteri di massima sugli interventi psicosociali da attuare nelle catastrofi” definisse come obbligatorio, nel sistema della Protezione Civile, l’inclusione di risorse specializzate di Psicologia, riconoscendone ruolo professionale e collocazione istituzionale. Nelle occasioni emergenziali, quindi, le Regioni devono provvedere a costituire una Equipe Psicosociale per le Emergenze (EPE), tramite l’impiego delle risorse disponibili nel sistema sanitario, integrabili con le risorse disponibili nel volontariato organizzato.

La psicologa Maria Teresa Fenoglio nella tenda adibita a spazio gioco per i bambini, campo di Barisciano

A livello nazionale, sono oltre 20 le organizzazioni di volontariato riconosciute dalla Protezione Civile, tra cui: Croce Rossa, VVFF Volontari, ANA (Associazione Naz. Alpini), AIB (Antincendi Boschivi), ANC (Associazione Naz. Carabinieri), Psicologi per i Popoli, con più di altre 700 associazioni a livello regionale.

Appare chiaro come, nella Psicologia dell’Emergenza, il carattere che assume maggiore importanza, proprio per le condizioni estreme in cui si è chiamati ad operare, sia la preparazione professionale, forgiata tramite un addestramento intenso e continuo.  Una collega mi raccontava che “per stare operativi per sette giorni, ho dovuto prepararmi per settimane”. E per fare interventi che durano mesi, occorrono anni di addestramento, in cui ci prepariamo, facendo campi scuola, e facendo rete con le istituzioni e con le diverse associazioni.

L’emergenza, proprio perché si gioca in poco tempo ed in condizioni ostili, si può affrontare solo grazie ad una preparazione di altissimo grado. E questo vale per tutti i professionisti coinvolti, per lo più facenti parte delle associazioni di volontariato – come la nostra – che sono in relazione con la Protezione Civile, in un quadro di interventismo che purtroppo relega l’opportunità di adempiere ad un ruolo, tanto fondamentale e professionalizzante per gli psicologi, poggiandosi alla disponibilità del grande mare del volontariato.

 

Gaetano Toldonato

Psicologo Psicoterapeuta, esperto in Psicologia dell’Emergenza, Componente del Direttivo di Psicologi per i Popoli – Torino, Capo Nucleo Psicologi di Protezione Civile dell’ANA – Sezione di Torino.